lunedì 30 maggio 2016

Giacomo Matteotti - manteniamo vivo il suo ricordo


Matteotti, proprio con la sua morte, ci consiglia di andare oltre l’immagine della persona; soffermatevi sull’idea o, ancora di più, sul ricordo. La denuncia delle violenze fasciste durante le elezioni indette nell’aprile del 1924, faceva da cornice ad una situazione politica che agevolava l’avanzare di Mussolini. Le sinistre si mostrarono divise, presentando ben cinque liste; nulla potevano contro il listone fascista. Sin da subito si resero conto che non avrebbero potuto creare un’alternativa credibile. Quelle stesse elezioni, come se non bastasse l’evidente debolezza politica, furono caratterizzate dalla più violenta ondata di squadrismo contro le opposizioni.

Questo e i brogli elettorali furono coraggiosamente denunciati da Matteotti il 30 maggio del 1924, all’apertura della nuova camera. In quell’occasione, Mussolini e i fascisti, si resero conto di avere davanti un’opposizione più combattiva rispetto al passato e poco disposta ad accettare le loro violenze. Il 10 agosto verrà rapito, il 16 agosto verrà ritrovato il suo cadavere.
L’accaduto colpì la popolazione, con un’indignazione che provocò manifestazioni di cordoglio spontanee in tutto il paese. Le stesse strutture del partito Fascista vacillarono, con Mussolini che fu costretto a far dimettere persino componenti della segreteria, oltre a chiudere la camera per evitare che venisse usata come tribunale dalle opposizioni. Questo, in effetti, era il momento giusto per rispondere con decisione alla violenza. Ma la risposta delle opposizioni fu totalmente in contrasto con l’idea di unità del defunto Matteotti.
All’Aventino delle coscienze, si fece più forte la divisione nella visione del mondo che li circondava; in ballo c’era il futuro istituzionale dell’Italia e l’Aventino era il punto di partenza.  Se i comunisti proposero di costituire un parlamento alternativo e di chiamare alla mobilitazione le masse, liberali e socialisti preferirono una risposta più moderata. Lo sciopero generale e un appello alle masse, era per loro da evitare, anzi li preoccupava. Avrebbe allarmato gli ambienti industriali e re, da cui le opposizioni ricercavano alleanze. Sul giornale socialista “giustizia”, fu detto che non “volevano mettere in movimento le masse perché quando sono scatenate non si è sicuri che si fermeranno a Kerenskij, andranno fino a Lenin o oltrepasseranno Lenin”.

Provarono i brogli e le violenze fasciste (oltre che la loro responsabilità per l’omicidio Matteotti) a Vittorio Emanuele, ma egli si nascose il volto dicendo che era “cieco e sordo” e che i suoi occhi e le sue orecchie erano la Camera e il Senato.

La successiva risposta di Mussolini, il 3 gennaio 1925, alla Camera, in quello che è considerato un vero e proprio Colpo di Stato, servì solo a sancire la definitiva sconfitta delle opposizioni e, quindi, l'inizio della fase di fascistizzazione dello Stato. Da quel giorno verranno imbavagliati giornali di opposizione, centinaia di circoli verranno chiusi e altrettante associazioni “sovversive” verranno sciolte.

Matteotti va’ ricordato per tutto questo. La sua storia non inizia dalla denuncia alla Camera e non si esaurisce con la sua morte. Matteotti rappresenta un’idea; Matteotti rappresenta la lotta per l’unità e per la libertà.

Manteniamo vivo il ricordo.

Uccidete pure me, ma l’idea che è in me non la ucciderete maiGiacomo Matteotti



-Daniele Amatulli

martedì 17 maggio 2016

Brexit - Europa sempre meno unita

Il 23 giugno i cittadini britannici potranno decidere se essere ancora cittadini europei. Il cosiddetto Brexit si avvicina e si concretizzano sempre più le contraddizioni per una scelta che, volente o nolente, riguarda ogni componente dell’Unione Europea.

Se il premier Cameron si schiera per i pro-Europa, dopo aver ridefinito gli accordi di permanenza nell’UE, ritrova il Partito Conservatore spaccato nella scelta con un’ala nazionalista i cui animi non sono stati placati nemmeno dalla concessione del referendum.

La mancata permanenza della Gran Bretagna può avere risvolti negativi dal punto di vista economico per se e per l’UE, dato che potrebbe “paralizzare la crescita e creare problemi nei rapporti commerciali”, a detta del CEO di Allianz GI. Persino la Bank of England si esprime a riguardo, affermando che il Brexit causerebbe “contrazione dei posti di lavoro e un ulteriore rallentamento della crescita dell'economia del regno” oltre ad “un'impennata dell'inflazione”. Insomma, pare evidente che l’uscita dall’Europa causerebbe una riduzione dei redditi dei lavoratori a causa di una maggior inflazione e, in ogni caso, l’economia ne sarebbe colpita con grossi tagli ai posti di lavoro. Un enorme danno per l’economia britannica.

I risvolti politici che potrebbe causare in Gran Bretagna sono allo stato attuale incalcolabili, ma se consideriamo il periodo storico – con crisi economica e il pericolo del terrorismo – si rischia un allargamento dei consensi per le parole d’ordine nazionaliste ed euroscettiche in tutta Europa. Ma se i risvolti in caso di vittoria degli euroscettici sono preoccupanti, una vittoria dei Pro-Europa confermerebbe gli accordi presi tra Cameron e l’Unione Europea.

Di fatto sono proprio i termini dell’accordo a preoccupare; Cameron rivendica uno statuto speciale e che mai farà parte del “superstato europeo”. L’elemento principale dell’accordo, oltre al tanto decantato recupero della sovranità,  riguarda il limite per l’accesso dei lavoratori europei – accusati di sfruttare il sistema di walfare britannico – per 7 anni fino al 2024.
Il grado di autonomia per banche, assicurazioni e istituzioni finanziarie inglesi ha rappresentato il punto più delicato dell’accordo; un’autonomia ridimensionata – grazie all’opposizione di Francia, Germania, Italia, Lussemburgo e Belgio – dall’obbligo di condizioni di parità nel mercato interno, oltre a non essere esente dal controllo delle autorità europee.

Ma l’accordo pare non essere stato digerito da tutti: L’Ukip (l’ala nazionalista con leader Nigel Farage) lo considera “patetico”, mentre anche il Partito Conservatore si spacca; non tutti seguiranno Cameron. 

Se sul fronte interno la battaglia di Cameron si prospetta dura, il fronte europeo si interroga persino sugli effetti dell’accordo stesso. Un accordo che sradica, anche se solo in parte, i cardini della nostra Europa. Seppur la Gran Bretagna continuasse a far parte dell’Unione Europea, appaiono piuttosto evidenti le divergenze di vedute. Una visione conservatrice, più attenta alle sorti nazionali piuttosto che a quelle comunitarie, con la minaccia di una scissione in piena regola, si impone in un’Europa che deve cambiare per affrontare i temi contemporanei di immigrazione e terrorismo, ma che lo fa eliminando i concetti chiave e fondativi dell’Unione Europea. A prescindere dal risultato referendario, tutti i paesi membri potranno, d’ora in poi, far valere i propri interessi nazionali a discapito dell’Europa stessa; L’Unione Europea, di tutta risposta, per difendere la tenuta del mercato interno, dovrà trattare a ribasso i valori fondamentali che la reggono.

L’Unione Europea non può cambiare sulla base della sola bilancia politica di ogni singolo stato, dando ragione ora al volere di forze conservatrici, ora apertamente di estrema destra; Non si possono mettere in discussione i principi fondamentali dell’intera comunità solo per difendere gli interessi di una singola nazione. Allo stato attuale i diritti fondamentali, come Schengen, sono come carta straccia se non sanciti in un atto normativo fondamentale. L’evoluzione europea, la vera evoluzione comunitaria, risiede nel coraggio di ogni singolo Stato nazionale nell’avvicinare le istituzioni europee ai cittadini, potenziare la democraticità dell’Europa e nel puntare ad una integrazione più profonda tra i paesi. La Gran Bretagna, nel suo storico ruolo di egemone periferico dell’Europa, intende fare l’opposto.

- Daniele Amatulli

martedì 10 maggio 2016

Comitato - chi come riferimento, chi come opportunità

Dopo poco più di un anno di attività, abbiamo avuto modo di affrontare diverse sfide. Dall’organizzazione di eventi, passando per le battaglie condotte, sino ad arrivare ai rapporti più stretti con cittadini attivi e, soprattutto, con altri partiti politici. Non i Giovani Democratici, come se fosse un marchio da sventolare quando serve, ma ogni suo componente. Un gruppo di ragazzi che ha deciso di essere parte attiva nella vita politica alberobellese, ma con una propria organizzazione totalmente indipendente. Se questo per qualcuno può non essere vero o, ancora, se a qualcuno non interessa, noi rispondiamo che questo è un elemento imprescindibile. Con occhi delle volte inesperti e ancora più spesso a “cuoricino”, perché romanticamente innamorati della politica, ci siamo guardati attorno e ci siamo approcciati alle varie situazioni seguendo quella linea morale che ci ha portato a costituirci. E forse proprio qui c’è l’ingenuità, prima che in altro.
Sin da quando ci siamo costituiti abbiamo seguito la vicenda del mercato coperto. In una situazione di latente ostilità nei confronti dell’amministrazione, la demolizione del mercato coperto è stato un detonatore in un contesto esplosivo. Ciò ha prodotto un comitato cittadino; una realtà che ci ha entusiasmato, in cui subito abbiamo deciso di inserirci. Sin dal primo incontro, però, chiedemmo ai componenti apertamente schierati politicamente di evitare strumentalizzazioni, per non deturpare il significato stesso del comitato e della lotta condotta. Si sarebbe, in particolare, colpito tutti quei cittadini che finalmente hanno deciso di partecipare attivamente. Tutti quei cittadini che non hanno bisogno di colori politici, di parole d’ordine, grandi motti e leader da seguire. Cittadini che vogliono solo impegnarsi per il paese; nello specifico per la questione del Vecchio Mercato Coperto.
Era evidente, quindi, che il Comitato e i partiti potessero al limite viaggiare su strade parallele, senza però mai incontrarsi. Proprio sulla base di questo ragionamento, che subito facemmo nostro, abbiamo dovuto fare una scelta: continuare la battaglia all’interno del Comitato o come Giovani Democratici, il gruppo che noi abbiamo composto. Era evidente che una escludeva l’altra. Dai vari incontri abbiamo maturato idee ed opinioni che sentivamo di non poter condividere sulle nostre pagine e spazi virtuali che avevamo creato. In particolare per rispetto nei confronti dei componenti del comitato stesso.  Ma nello stesso tempo non volevamo lasciare vuoti quegli spazi creati ad hoc per quella stessa battaglia, che sin dall’inizio abbiamo deciso di affrontare. La decisione fu quindi quella di abbandonare il Comitato, non partecipando attivamente alle riunioni ma sostenendolo nelle iniziative e tentando di tenere alto l’interesse per la questione. Paralleli, insomma.
Una decisione che potremmo ancora oggi considerare difficile, dato che opportunisticamente ci avrebbe potuto dare un feedback di immagine per noi, singoli componenti, più che ad un simbolo, come quello dei GD. Ma quando si crea un gruppo difficilmente si riescono a scindere le cose; il singolo dalla collettività, il personalismo da un’organizzazione collegiale. Sempre più spesso ci si spreca più per l’immagine e l’identità di un gruppo che per quella del singolo componente. Alla fine si lavora di gruppo per il gruppo, non di gruppo per il singolo.
Ed infatti questo ha dovuto affrontare il Comitato Cittadino. Proprio quando, sfruttando l’ondata di indignazione per la confisca dell’area dell’ex mercato coperto, dovevano correre per giungere all’obiettivo, si sono persi guardandosi attorno per capire chi erano e con chi si stavano schierando. L’obiettivo divenne mostrare a tutti la loro apartiticità. Lodevole, ma con chi ne dovevano parlare, dato che il grosso del gruppo più attivo è apertamente schierato politicamente? Dovevano affrontare una contraddittorietà intrinseca nei Comitati in generale.
Quando pareva superato l’impasse, in una recentissima riunione del comitato tenutasi nel circolo “bella ciao” di Alberobello, un preciso componente di uno specifico partito di Alberobello ha proposto ai componenti del Comitato Cittadino di allargare la battaglia, puntando a costituirsi come gruppo misto alle prossime amministrative. La pretesa di mandare a quel paese (e qui preferiamo parafrasare) i partiti, anche quello che esso rappresenta direttamente, per noi ricorda il binomio di cui parlavamo prima: gruppo che lavora per il gruppo o gruppo che lavora per i singoli? Ancora peggiore è il tentativo poco velato di strumentalizzare un gruppo di persone che non ha obiettivi politici, ma solo la volontà di esprimere il proprio amore per il paese con la più semplice e pura partecipazione attiva.
Ed è qui che esiste la differenza: tra politica e cittadinanza attiva, che più che altro collaborano con i mezzi istituzionali esistenti. La cittadinanza attiva e nello specifico l’esperienza del nostro Comitato Cittadino, ha già variato il modo in cui i partiti debbono intendere il rapporto tra politica e cittadini, in particolare nella gestione della cosa pubblica. I cittadini attivi devono essere arbitri e detentori di una battaglia che non riguarda solo la gestione di un’area, ma quella della politica di tutti e non solo di consiglieri, assessori e sindaco. Soprattutto non della politica di chi vuole un determinato ruolo istituzionale, ad ogni costo.



venerdì 6 maggio 2016

Amministrazione assume esperto per parere Vigili del Fuoco



3 MAGGIO – Sull’albo pretorio viene pubblicata una determina particolarmente interessante. Riguarda la nostra cara struttura multifunzionale (il mostro, per intenderci). Come esplicitato dalla determina stessa, attraverso la seconda quota del “patto territoriale del sud est barese polis” verrà assunto un tecnico specializzato per espletare “tutte le procedure tecniche per l’acquisizione, preventiva alla realizzazione dei lavori, del parere  di conformità del Comando Provinciale dei VV. FF.”.

Il fortunato vincitore del bando (dato che è stato l’unico a presentare un’offerta) non dovrà far altro che sopperire alle mancanze tecniche dell’ente, tentando di porre le basi per ottenere il parere, tanto basilare quanto vincolante, dei Vigili del Fuoco.

Giungiamo alle perplessità: se attualmente è necessario un esperto per poter ottenere il tanto bramato parere positivo dei VV. FF. , non bisogna dimenticare che, prima che venisse messo allo scoperto, il parere dei Vigili del Fuoco non era “pervenuto”. Non solo: se si assume un esperto, pare ovvio ipotizzare che non ci fossero nemmeno i presupposti per ottenere un parere positivo. Questo ci spinge a pensare che precedentemente non fosse stato fatto nulla per ovviare a quelle deficienze riguardanti la sicurezza della struttura. Una struttura che, se fosse completata, accoglierebbe più di 300 persone.

Ciò che attira il nostro interesse è anche la necessità di dover assumere un esperto esterno, data la mancanza – piuttosto grave – di  figure di riferimento nell’ufficio tecnico. La retribuzione di circa 8.000€ netti ci appare spropositata rispetto all’effettiva funzione tecnica.

L’incuria di questa Amministrazione ci turba. Questa è un’Amministrazione che va’ seguita passo dopo passo, per sopperire a mancanze o dimenticanze.