Il giorno dopo i ballottaggi, spinti anche
dalla completezza dei risultati, ci si accalca ad analizzarli. Numerose
sono le chiavi di lettura, diversi sono i punti di vista da cui prendere spunto
per un'analisi completa. Dato che non voglio dilungarmi troppo, analizzo quelli
che, secondo me, sono i risultati più importanti, quelli che più di tutti hanno
colpito: a Roma e a Torino il M5S ha trionfato, anche con vittorie schiaccianti.
Si incorona un processo che avrebbe, prima o poi, cambiato lo scacchiere e
stravolto le tradizionali divisioni. Nella costante ricerca di personificazione
delle battaglie politiche, si è costituito un nemico comune nella figura di
Renzi; di coerente riflesso, nel PD.
Li dove cresce la sfiducia, incalza l'opposizione alla
politica di governo e nei confronti dei partiti tradizionali; chi segue l'onda di questo trend, ha più
possibilità d'altri di avere la meglio. Ma queste sono condizioni adatte anche
a costituire un fronte "antirenziano", seppur diviso dalle
tradizionali appartenenze partitiche o di schieramento. Lo si comprende in
presenza di un ribaltamento o di una sconfitta più netta che nel primo turno,
quando persino il centrodestra è compattò nel preferire un candidato 5S. Questo
rappresenta un movimento che taglia trasversalmente i due tradizionali
schieramenti "destra-sinistra", quindi più vicino di altri alle
preferenze dell'elettore insieme di Destra e di Sinistra, sia se sfiduciato o
se spinto solo dalla necessità di scegliere "l'uno o l'altro".
Per riassumere il tutto cito il Segretario
Metropolitano dei GD Terra di Bari e caro amico Davide Montanaro, che in un
post su Facebook dice: "Un primo
dato chiaro viene fuori da questo ballottaggio: il centrodestra torna a vincere
a Roma e Torino"
E' evidente però che la vittoria non sia stata
portata solo dall'appoggio dell'elettorato di centrodestra. Nei casi più
eclatanti, la sconfitta deriva da un passato di mal gestione amministrativa che
svuota di contenuti persino i progetti politici più innovativi. Nel caso di
Roma, con ancora fresca la ferita del
commissariamento, persino negli ambienti più schierati c'era scetticismo sulla
vittoria di Giachetti sulla Meloni; le divisioni interne del Centrodestra hanno favorito il passaggio di Giachetti al secondo turno. Questa è l'apice di un momento
storico che non poteva che portare il voto di protesta e la sfiducia a vincere
queste elezioni.
Questi risultati non possono che portarmi a
fare un riferimento nazionale: dopo aver vinto 19 ballottaggi su 20, il M5S
mostra quanto sia capace di attrarre, più di altri, l'elettorato mobile. Chi decide
di privarsi di una bandiera, del riferimento partitico o di uno schieramento,
cerca le soluzioni concrete da chi rappresenta il volto giovane di questa
politica; quella con il "volto pulito". Li dove era il PD a
rappresentare questi aspetti, la vittoria è giunta; anche se alcune volte di
misura; anche se consideriamo piccole città. Ed è
proprio questa la direzione da dover prendere per il cambiamento. Il
rinnovamento dirigenziale deve essere l’obiettivo prioritario. A questo deve seguire
un cambiamento nella gestione della politica di governo.
Stefano Minerva. 30 anni. Dirigente Nazionale dei Giovani Democratici nel 2012 delega ai Saperi ed al Mezzogiorno, dal 2014 responsabile nazionale Organizzazione e Tesseramento. Sindaco di Gallipoli.
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- Daniele Amatulli