17 aprile – referendum sulle
trivelle. Il risultato lo conosciamo tutti. Il quorum non è stato raggiunto,
con un’affluenza del 31,2%, pari a 14 milioni di votanti. Se non fosse per il
quorum, la vittoria del SI sarebbe stata schiacciante: 85,8% i SI, 14,2% i NO.
Il fronte del SI è quindi composto da più di 13 milioni di cittadini. Ma nello
specifico a toccarci particolarmente è l’affluenza in Puglia che ha toccato il
41,7%. Nemmeno in Puglia, insomma, si è raggiunto il 51%. E se guardiamo
all’affluenza di Alberobello, pari al 41,1%, comprendiamo non solo di aver
“perso” la causa, ma di non aver lavorato fino in fondo al raggiungimento
dell’obiettivo. Sapevamo già che sarebbe stato difficile. Davanti a noi non
avevamo schieramenti avversi, ma un nemico ancora peggiore: il disinteresse. La
poca volontà di informarsi, di comprendere l’importanza del proprio voto – che
esso preferisse votare Si o No, poco importa a questo punto – ha rappresentato
un ostacolo insormontabile. Ma a questo va aggiunto anche l’interesse rispetto
al tema. Se è facilmente ipotizzabile che la totalità dei votanti sia stata
raggiunta, è altrettanto probabile che tanti altri hanno potuto conoscere le
ragioni del SI; probabilmente nulla, però, lo ha spinto ad andare a votare.
È
scoraggiante sapere che anche per un tema così importante bisogna dipendere
dagli astensionisti. Da chi decide arbitrariamente di non voler far parte delle
decisioni che riguardano la collettività, senza comprendere che ciò comporta una
decisone unilaterale per uno schieramento per un altro. In un referendum
abrogativo, come per tanti altri contesti in cui siamo chiamati a decidere,
l’astensione ha un preciso peso. In
questo caso ha il peso equivalente a quello del NO, ma senza, magari, esserne
totalmente consapevoli. E’ come se il risultato vedesse una schiacciante
vittoria dei NO; di fatto sono le ragioni del NO ad avere la meglio grazie
all’astensione.