giovedì 1 dicembre 2016

Parliamone - sulle riforme costituzionali

Il 4 Dicembre, il giorno del referendum costituzionale, si avvicina. Questo appuntamento si configura come cruciale per il futuro e, inevitabilmente, anche per il presente. Numerose sono le perplessità, come anche dubbi, spesso espressi per partito preso, con un enorme filtro applicato alla coscienza che spesso non permette un’analisi limpida, completa ed esaustiva. 

Piuttosto apertamente mi sono schierato per il SI, partecipando a diversi confronti sostenendo le mie ragioni. Sicuramente l’elemento che più sorprende è la partecipazione della cittadinanza a questi dibattiti, rendendo le personalità chiamate a esporre le proprie ragioni di voto solo una parte degli attori in scena. Questo incontro di visioni – e, permettetemi, sono solo due visioni delle istituzioni e della politica che si incontrano – poteva essere motivo di grande confronto; poteva andare oltre le spicciole battaglie politiche; poteva essere un momento in cui togliere impedimenti tra politica e cittadini e, attorno ad un tavolo, sciogliere ogni dubbio e portare la cittadinanza alle urne  emarginando il fenomeno dell’astensionismo  per dare un voto cosciente, responsabile, che potesse prescindere da appartenenze partitiche. 

Sia chiaro: non si parla solo del fronte del NO. La prima critica sincera la pongo al fronte del SI che, esattamente come spesso accade dall’altra parte della barricataha tentato di spremere il dibattito, ridurlo a slogan, hashtag, frasi fatte e preconcetti che non aiuta nessuno, se non chi non è atto a ragionare. Il problema qui è comunicativo e di un approccio che non risponde alle domande poste dai cittadini. Si confonde la trasparenza con una comunicazione con il conta gocceSi studia il modo per raggiungere il maggior numero di persone, sfruttando i “meccanismi” dei social network, anche riducendo tutto ad appena 140 caratteri. Nulla di più sbagliato! 

Andando oltre questo tipo di comunicazione, mi vorrei soffermare sulle domande e sulle puntualizzazioni poste dai cittadini nei numerosi incontri a cui ho assistito o partecipato. 
Il primo punto da trattare, sicuramente il più corposo e interessante, riguarda il nuovo Senato della Repubblica. Molti i punti dolenti che stimolano un’ampia discussione. Uno di questi riguarda sicuramente la “riduzione degli spazi della democrazia: una delle retoriche di punta del fronte del NO che intende smontare la proposta di riforma del Senato in quanto non eleggibile direttamente dai cittadini. Questo è vero, ma non del tutto. L’elemento non può essere preso estrapolandolo dal contesto e analizzandolo a compartimento stagno. In tutto ciò che riguarda la Costituzione, dal momento stesso in cui le principali forze politiche ebbero l’onere di scriverla, è presente e va’ ricercato un punto di equilibrio. Non parlerei di riduzione dello spazio della democrazia, quanto piuttosto dell’allargamento del corpo elettorale: non esistono limiti di età per poter avere voce in capitolo nella formazione organica del Senato, come non esistono per essere eletti nel Senato della Repubblica, a patto che si sia ottenuta una carica elettiva nella propria regione. Questo apre a scenari politici nuovi che si affacciano, finalmente, al concetto – dai più dimenticato e bistrattato – della rappresentatività. Pongo ai lettori la stessa domanda che faccio a presenti e interlocutori durante un dibattito: “potete indicarmi un ventaglio di nomi di nostri rappresentati nell'attuale Senato che provengano dal nostro territorio, a prescindere dall'appartenenza partitica?”Il silenzio è tombale. Se potessi decidere – e qui lo dico e qui NON lo nego  boccerei persino i senatori sotto la bandiera del PD. Insomma, non sento di avere rappresentanti in quell'istituzione, ancor più se consideriamo che sia escluso dal corpo elettorale che ha eletto gli attuali senatori. Il fatto che con la riforma costituzionale i senatori provengano da enti regionali e locali è un punto a favore non da poco. Con essi abbiamo un rapporto più stretto, vicino, forse legato all'appartenenza partitica, ma che comunque rappresentano la maggioranza del corpo elettorale votanteIl concetto di rappresentatività politica, in tempi come questi, deve essere costantemente stimolato. Altrimenti, al contrario, saranno le spinte anti-politiche e spesso antidemocratiche ad avere sempre e comunque più presa di altre. 

Ed è proprio sulla classe dirigente regionale che si presentano altre rimostranze. Questa è definita “classe dirigente compromessa, facendo leva su stereotipi classici dell’antipolitica. Questo è l’esempio più evidente di divergenza di visione, in questo caso tra pessimisti e chi vuol guardare al futuro. 
Non si vuole ridurre il tutto in due semplici “classi” a confronto, ma nel momento in cui si guarda alle riforme costituzionali, che per propria natura sono proiettate al futuro più che al contingente, prendere come punto di riferimento l’attuale dirigenza – che definirla “compromessa” equivale a fare di tutta l’erba un fascio – è concettualmente sbagliato. Mi piace pensare che a fare i conti con il futuro delle nuove istituzioni sia una nuova classe dirigente che si approccia con un nuovo tipo di politica e rappresentatività; piace pensare che i nostri giovani, compresi quelli più scettici che abbiamo incontrato nelle scuole e nelle università non solo possano trovare una propria figura di rappresentanza ma possano essere protagonisti della scena politica. Il pessimismo in questo non aiuta di certo. Se si vuole parlare di democrazia – citata a più riprese, per lo più a sproposito  è allora inconcepibile rispondere nel merito spingendo l’uditorio ad allontanarsi ancora di più dalla partecipazione attiva. 

Avvicinandoci alla conclusione, mi esprimo con assoluta sincerità: in questo periodo di confronti penso che ognuno di noi abbia avuto la possibilità di migliorarsi. Mano a mano che ci si avvicinava all'incontro successivo e poi al 4 Dicembre, ognuno di noi ha consolidato le proprie ragioni – nel momento in cui a partecipare al dibattito siano stati dirigenti aperti al dialogo  e sempre più (e qui mi apro totalmente ai lettori) mi ha avvicinato nelle file del Partito a cui appartengo. Perché a prescindere da quelli che sono i pregiudizi dei lettori nei confronti della compagine di governo, tralasciando infelici dichiarazioni e una comunicazione a dir poco fallaceritrovo maggior veridicità da parte del fronte del SI che da quello del NO – pur senza fare di tutto l’erba un fascio – perché criticabile, più che per le retoriche presentate, per le più o meno velate bugie e per prese di posizioni prettamente politiche che ben poco si conciliano con il dibattito sulle riforme. E’ una scelta personale se non concedo spazio a tali bugie, preferendo cogliere il meglio del dibattito che ogni giorno affrontiamo. Nel momento in cui ci si chiude nei propri circoli per comprendere come combattere pessimismo e falsità, semplicemente abbiamo perso tutti; tra SI e NO, favorevoli contrari, dinanzi ad un dibattito teso a smontare luoghi comuni e oggettive falsità, non esistono vincitori. La preoccupazione più evidente è che delle scelte prese oggi, il più delle volte, ne comprenderemo l’errore solo in futuro. E a distanza di anni non ricorderemo più le appartenenze partitiche, lo scacchiere in campo, quello o quell'altro dirigente, ma il risultato referendario. Nel bene o nel male. 

Liberiamoci di tutti i filtri, di tutti i preconcetti, e andiamo tutti a votare. Con coscienza e responsabilità. 

Io voto SI. 

Daniele Amatulli 
Segretario GD Alberobello 

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