sabato 23 aprile 2016

Referendum trivelle - a pochi giorni dal voto

17 aprile – referendum sulle trivelle. Il risultato lo conosciamo tutti. Il quorum non è stato raggiunto, con un’affluenza del 31,2%, pari a 14 milioni di votanti. Se non fosse per il quorum, la vittoria del SI sarebbe stata schiacciante: 85,8% i SI, 14,2% i NO. Il fronte del SI è quindi composto da più di 13 milioni di cittadini. Ma nello specifico a toccarci particolarmente è l’affluenza in Puglia che ha toccato il 41,7%. Nemmeno in Puglia, insomma, si è raggiunto il 51%. E se guardiamo all’affluenza di Alberobello, pari al 41,1%, comprendiamo non solo di aver “perso” la causa, ma di non aver lavorato fino in fondo al raggiungimento dell’obiettivo. Sapevamo già che sarebbe stato difficile. Davanti a noi non avevamo schieramenti avversi, ma un nemico ancora peggiore: il disinteresse. La poca volontà di informarsi, di comprendere l’importanza del proprio voto – che esso preferisse votare Si o No, poco importa a questo punto – ha rappresentato un ostacolo insormontabile. Ma a questo va aggiunto anche l’interesse rispetto al tema. Se è facilmente ipotizzabile che la totalità dei votanti sia stata raggiunta, è altrettanto probabile che tanti altri hanno potuto conoscere le ragioni del SI; probabilmente nulla, però, lo ha spinto ad andare a votare.
È scoraggiante sapere che anche per un tema così importante bisogna dipendere dagli astensionisti. Da chi decide arbitrariamente di non voler far parte delle decisioni che riguardano la collettività, senza comprendere che ciò comporta una decisone unilaterale per uno schieramento per un altro. In un referendum abrogativo, come per tanti altri contesti in cui siamo chiamati a decidere, l’astensione ha un preciso peso. In  questo caso ha il peso equivalente a quello del NO, ma senza, magari, esserne totalmente consapevoli. E’ come se il risultato vedesse una schiacciante vittoria dei NO; di fatto sono le ragioni del NO ad avere la meglio grazie all’astensione.
 


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